Una storia e un testo di qualche anno fa che mi sta a cuore:
Da bambina ero fissata con i numeri. No, non la matematica. Avevo la fisima dei numeri degli orologi digitali. Osservavo l’ora nell’attesa che cambiassero i minuti. Volevo fotografare nella mia mente l’immagine di quel limbo. Quel centesimo di secondo in cui non è ancora un’ora, ma neanche l’altra.
Non ci sono mai riuscita.
Vedevo cambiare i minuti, ma quella frazione di secondo d’incertezza, il mio occhio non è mai riuscita a coglierla. Forse l’essere umano non ne è in grado, o forse sono solo io.
Ora che sono più grande, penso che quel centesimo di secondo sia la forza universale per eccellenza. Il destino, il bene, il male, il mistero, la buona e la cattiva sorte, la vita, la morte: tutti elementi governati da quel sottile, impercettibile lasso di tempo.
Se ci sforziamo di cogliere l’enigma che la vita rappresenta, non ci riusciamo. Risulta impossibile, infatti, comprendere il perché dell’infinità degli scherzi del destino. Ingovernabile ed onnipotente, il destino rappresenta l’imprevedibilità della vita.
Ci s’interroga da sempre sui misteri dell’esistenza. Domande che, probabilmente, non otterranno mai risposta. D’altronde, se la vita fosse prevedibile, che gusto ci sarebbe? Davvero vorremmo sapere che cosa ci riserverà il futuro? Se sapessimo cosa ci succederà tra dieci anni, non vivremmo con l’ansia che quell’evento si realizzi?
È anche vero che l’imprevedibilità della vita ci rende deboli. Siamo minuscoli puntini in un universo che, ogni giorno, ci permette di scrivere la nostra storia.
Non ci resta che vivere giorno per giorno, nella speranza che la frazione di secondo che governa la nostra vita, ci giochi a favore.